Professionalità low cost Leggi più tardi
Oggi non voglio parlarti di scrittura in senso stretto, ma del mercato editoriale professionale, partendo dal panorama italiano degli ultimi anni. Avrai notato che al grido di “C’è la crisi” e “Siete choosy” il tema lavoro è sempre più delicato. Si parla di futuro, opportunità, sacrificio, costo-rendimento, crescita lavorativa, skill e tanti altri bei paroloni.
Poi, di fatto, ti siedi al tavolo delle trattative (quando ci arrivi) e ti chiedono di lavorare a un costo inferiore del reale valore del tuo tempo e delle tue capacità, mentre i servizi che vendono (per i quali sei tu a lavorare) e il loro tempo (consulenze, analisi, consigli) sono spesso sopravvalutati.
Chiaramente, esulano da questo discorso le collaborazioni professionalizzanti (vere), dove il lavoratore-apprendista percepisce un compenso più basso perché effettivamente impara il mestiere.
Se per te la scrittura è un hobby e pubblichi su piattaforme dove si può leggere gratuitamente le tue opere, per il piacere di scrivere e condividere la tua passione, questo articolo non si rivolge a te direttamente, ma sarai sempre benvenuto a interagire nei commenti per dire la tua.
Se vuoi pubblicare con le case editrici invece ti consiglio questo articolo.
Infatti, voglio rivolgermi anzitutto agli aspiranti scrittori, scrittori emergenti, e chi ha già parecchie autopubblicazioni alle spalle che, per un motivo o per l’altro, si ritrova molte critiche negative ai propri lavori.
La sindrome di Figaro
In questo ventennio sono avvenuti tre fenomeni che ci hanno cambiato la vita:
- la globalizzazione lavorativo/tecnologica;
- l’automazione dei processi;
- Una distorta percezione temporale.
Se nel cambio vinciamo o perdiamo lo lascio dire a te. Cosa significano questi tre termini? Beh, è presto detto:
- La globalizzazione lavorativo/tecnologica ha accorciato le distanze fisiche e virtuali, permettendo a un numero maggiore di competitor di entrare nel mercato locale e mondiale; accompagnata dalla tendenza ad accorpare le mansioni, per ottimizzare i costi, portandoci a incontrare segretarie/contabili/legali/bariste/cameriere/colf che nella pausa pranzo vanno a prendere a scuola i figli del capo. Non ci credi? Ho conosciuto personalmente qualcuno così, non solo nei settori citati. Negativa? Beh, una collega con competenze tecniche, tempo fa, mi disse che “di questi tempi, uno deve essere grato di poter portare i caffè in sala riunioni”. Sicuramente i lavori non saranno tutti così, ma credo che la percentuale sia spaventosamente alta; Più interdisciplinarità, se così vogliamo chiamarla, meno posti di lavoro e, soprattutto, un compenso solo per tutti quanti;
- Automazione dei processi: serve dirlo? Computer, macchine avanzate che lavorano al buio, intelligenza artificiale, seguono algoritmi e non chiedono l’aumento, né si assentano per andare in bagno, o mangiare, etc. Logica conseguenza vuole che ci siano meno lavori sul mercato. Sono drastica e generalista? Un po’, ma concedimelo, perché altrimenti l’articolo sarebbe lungo il triplo, mentre voglio riferirmi alla scrittura dove – orrore, orrore – stanno già parlando di computer in grado di scrivere romanzi in autonomia;
- Distorta percezione temporale. Dimmi la verità: stai pensando che servirebbero giornate di 72h? Sbagliato. Questo secolo ci ha tolto ore preziose, di sonno, traffico, stress, problemi, ma il dramma non è quello, bensì la tendenza a reputare il lavoro dei propri collaboratori e dipendenti come urgente da terminare adesso, anzi prima di ieri. Tutto e subito. La pianificazione è privilegio di pochi.
E la scrittura?
Già, è vero! Ti ho parlato di scrittura e sto qui a tirare conclusioni negativiste su quanto il mondo del lavoro sia brutto. Chiariamoci subito: il mondo è meraviglioso, è la percezione generale che sta diventando frenetica e più simile a una giungla anarchica.
È da qualche settimana che vedo sui social network, sulle testate giornalistiche, e noto parlando con le persone, la triste tendenza a considerare sé stessi come perfetti e intoccabili e sminuire il lavoro degli altri. Imprenditori che parlano di mesi di prova gratuita prima di essere in grado di valutare il valore del dipendente (perché schiavo sembra brutto), persone che chiedono editing approfonditi gratuiti chiamandoli in altro modo, beta reader che si propongono come editor o writing coach senza averne le competenze, spesso senza chiedere compenso (viva la concorrenza sleale!), le stesse che rispondono indispettite quando si fa notare che stanno chiedendo ad altri di lavorare gratuitamente. Insomma, la professionalità e il rispetto lavorativo stanno diventando una merce rara.
Quanto costano tre etti di romanzo?
Tralasciando imprenditori, beta reader & co, mi voglio focalizzare sullo scrittore, su di te che mi leggi, ma in generale su chiunque sia intenzionato a pubblicare il proprio lavoro, collocarlo sul libero mercato editoriale e venderlo.
Quando vai dal commercialista, un professionista laureato con tre anni di praticantato alle spalle, e un esame di stato, vuoi come minimo che sia in grado di far di conto e compilare correttamente la tua dichiarazione dei redditi, giusto? Vai dal medico e deve essere competente in sintomi, diagnosi, farmaci, malattie, e tutto il teatrino, giusto? Vai dal panettiere e deve saper preparare un buon pane… Il caffè al bar non deve essere bruciato, ma con la cremuccia sopra? Ok, hai capito il concetto…
Allora mi domando, perché una persona che vuole pubblicare e intraprendere la carriera letteraria di scrittore debba lesinare sul costo di editing, correzione di bozze, illustrazione, e puntare su beta reader, amico di turno, disegnare da sé la copertina e spammare al mondo sperando di ottenere risultati e si lamenta quando non li ha?
Il lettore non merita qualità e professionalità quando spende i propri soldi per acquistare un libro?
Ora tu dirai:
“Io non faccio così! I soldi che spendo quando mi rientrano? Questi servizi costano troppo! C’è la crisi. Fanno tutti così. Editor & co non servono”.
Wannabe autore di ventura
Va bene, accetto ogni risposta e sono intellettualmente aperta a credere che ognuno ha il proprio budget, la propria storia e che ogni caso è diverso, ma vista la dilagante offerta di beta-editor e illustratori-fai-da-te credo che l’idea che la scrittura non sia un lavoro è piuttosto diffusa.
Troppo.
Sarò sincera: quando chiedi denaro in cambio del tuo tempo e delle tue abilità tramite la vendita di beni, la prestazione di servizi o la scrittura di un’opera di intelletto stai entrando nel magico mondo del lavoro.
Perciò, se vuoi pubblicare e vendere i tuoi libri devi presentarti sul mercato e alle persone in modo professionale a cominciare dalla preparazione e dal rispetto del lavoro altrui.
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Ognuno ha il proprio lavoro
Probabilmente, anche tu hai un impiego diverso dalla scrittura, mentre provi a sfondare nell’editoria. Se è così, immagina che domani arriva una persona senza le tue qualifiche, o esperienza, e dichiara pubblicamente di poter svolgere il tuo stesso lavoro a un prezzo inferiore, o addirittura gratis.
Certo, poi la qualità magari non è la stessa, le rifiniture bisogna accettarle come vengono, ma ai tuoi capi – se dipendente – o ai tuoi clienti la cosa non sembra importare. Morale della favola tu rischi di andare a spasso e qualcuno, probabilmente, meno bravo di te andrà prenderà il tuo posto di lavoro.
Ring any bell?
Perciò, invece di dire quanto siano maligne le persone che operano in questo modo, si propongono pur svolgendo un altro lavoro, e via dicendo, mi rivolgo a te Scrittore, perché voglio responsabilizzarti. Del resto, siamo sul libero mercato, dominato da domanda e offerta: le persone possono improvvisarsi esperte, professioniste, abbassare i prezzi, o lavorare gratis (!), ma sta a te scegliere di contornarti di professionisti validi.
Se ogni scrittore ragionasse in termini di investimento e profitto probabilmente il mercato della pubblicazione e autopubblicazione prenderebbe una via molto diversa da quella odierna.
Anche perché c’è da valutare una cosa: il self publishing ha aperto le porte a tutti coloro che vogliono pubblicare una storia, a prescindere dalla sua bontà e pubblicabilità.
Perciò, ora siamo letteralmente invasi di titoli, e ci sono store che li usano per vantare una vetrina pressoché infinita.
Tuttavia, come ogni tipo di mercato c’è una fase di espansione, in cui ci si buttano tutti a pesce, se mi passi il termine, cui segue una fase di contrazione durante la quale le persone che non hanno curato la qualità, la professionalità, e non si sono avvalse di persone più competenti di loro, irrimediabilmente faranno parte dei caduti.
E tu da che parte vuoi stare?
Valorizza il tuo lavoro.
Buona scrittura.
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